Ubicato nel castello di Melfi, il Museo custodisce testimonianze archeologiche rinvenute nella zona del Vulture riguardanti le popolazioni indigene della preistoria, dei periodi dauno, sannita, romano, bizantino e normanno.
Inaugurato nel 1976, è organizzato in tre sale al piano terra del Castello. Nella prima sala si possono rimirare reperti preistorici come pugnali, pietre lavorate, ceramiche decorate e diversi materiali dell'età del Bronzo. Nella seconda sono collocati due corredi appartenenti a tombe principesche, armi di bronzo e ferro e vasellame d'argilla e bronzo. La terza e ultima sala raccoglie reperti del periodo neolitico, dell'età del Bronzo e dell'età del Ferro rinvenuti nei comuni lucani di Lavello e Banzi.
Il reperto più importante del museo è il cosiddetto Sarcofago di Rapolla (negli studi archeologici più noto come Sarcofago di Melfi), monumento proveniente dall'Asia Minore, risalente al II secolo d.C. e rinvenuto verso la metà dell'Ottocento. È caratterizzato da figure inserite in una struttura architettonica sui lati lunghi e con il ritratto della defunta giacente sul coperchio. Fino alla fine degli anni settanta il sarcofago si trovava nel Palazzo del Vescovado.
Da menzionare anche alcuni dipinti appartenuti ai Doria, nominati principi di Melfi nel 1531 dal re di Spagna ed imperatore Carlo V d'Asburgo. I dipinti attualmente nel museo melfitano sono relativi ad una serie di scene di caccia che alcuni studiosi ritengono opere secentesche di ambito fiammingo, altri di fattura italiana e settecentesche, una grande tela raffigurante il territorio melfese e, nella cappella del Castello, una crocifissione di scuola fiamminga del tardo Cinquecento.
Dal dicembre 2014 il museo è in gestione al Polo museale della Basilicata.